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Il viaggio profetico di Papa Francesco

di Samar Messayehcittadina irachena, vive in Italia

L’Iraq e gli iracheni hanno vissuto tre giorni di immensa gioia e di serenità, un MIRACOLO. Il male in questi tre giorni si è fermato perché il messaggero di pace camminava in questa terra.  L’Iraq è stato ripreso in tutti i media del mondo non per le guerre, per la morte e il sangue ma per una cosa bella positiva, una rivincita del bene.

È vero che è stato un viaggio storico, quello del primo pontefice in Iraq, ma più che storico è profetico.

Dall’inizio del suo viaggio il Papa ha mandato segnali della sua vicinanza al popolo, alla gente che soffre. Nel suo primo discorso davanti alle Autorità, alla Società civile e al Corpo Diplomatico, ha gridato contro le armi “Tacciano le armi!”, ha condannato la corruzione: “È necessario contrastare la piaga della corruzione, gli abusi di potere e l’illegalità, ma non è sufficiente. Occorre nello stesso tempo edificare la giustizia, far crescere l’onestà, la trasparenza e rafforzare le istituzioni a ciò preposte.” Sono le piaghe e le prospettive di questa nazione.

La sua visita di cortesia al Grand Ayatollah Al-Sistani e l’incontro Interreligioso ad Ur, sono segni che Dio attraverso gli uomini, mostra ancora oggi il suo volto, come ha fatto lungo la storia,  come quando San Francesco durante le crociate incontra il Sultano. Sono gesti che vanno oltre.

Papa Francesco richiama che siamo Fratelli Tutti: “Dio chiese ad Abramo di alzare lo sguardo al cielo e di contarvi le stelle (cfr Gen 15,5). In quelle stelle vide la promessa della sua discendenza, vide noi. E oggi noi, ebrei, cristiani e musulmani, insieme con i fratelli e le sorelle di altre religioni, onoriamo il padre Abramo facendo come lui: guardiamo il cielo e camminiamo sulla terra.”

Condanna la violenza: “Da questo luogo sorgivo di fede, dalla terra del nostro padre Abramo, affermiamo che Dio è misericordioso e che l’offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il fratello. Ostilità, estremismo e violenza non nascono da un animo religioso: sono tradimenti della religione”.

Fa della Pace l’unica forza per andare avanti “La via che il Cielo indica al nostro cammino è un’altra, è la via della pace. Essa chiede, soprattutto nella tempesta, di remare insieme dalla stessa parte.”

Per un paese che ha pagato a caro prezzo la diversità, sono parole che fanno risuonare la speranza, fanno vedere una luce che si accende in fondo, dopo anni di violenze. Non solo per i cristiani ma per tutti, nessun componente della società è stato risparmiato e tutti hanno apprezzato le parole del Papa, le hanno sentite rivolte a loro.

Dal primo giorno ha mostrato ai cristiani la sua paternità, ha voluto stare loro vicino, ascoltarli, sollevarli. Ha toccato con la sua mano il dolore dei cristiani e le loro ferite: “Siamo riuniti in questa Cattedrale di Nostra Signora della Salvezza, benedetti dal sangue dei nostri fratelli e sorelle che qui hanno pagato il prezzo estremo della loro fedeltà al Signore e alla sua Chiesa.”  Le difficoltà fanno parte dell’esperienza quotidiana dei fedeli iracheni.

Ha visitato Mosul e Qaraqosh, dove Daesh nel 2014 e per circa tre anni, ha distrutto e profanato tutto. I cristiani hanno dovuto scappare in piena notte. Una tragedia di cui  ancora si soffrono le conseguenze. Il Papa ha ricordato al mondo intero che questa gente soffre ancora e non è finito tutto perché non si sente parlare di loro alla TV. Il suo dolore mentre gira tra le macerie ha svegliato il mondo.

“Qui a Mosul le tragiche conseguenze della guerra e delle ostilità sono fin troppo evidenti. Com’è crudele che questo Paese, culla di civiltà, sia stato colpito da una tempesta così disumana, con antichi luoghi di culto distrutti e migliaia e migliaia di persone: musulmani, cristiani, gli yazidi che sono stati annientati crudelmente dal terrorismo e altri  sfollati con la forza o uccisi!”

“Se Dio è il Dio della vita – e lo è –, a noi non è lecito uccidere i fratelli nel suo nome.
Se Dio è il Dio della pace – e lo è –, a noi non è lecito fare la guerra nel suo nome.
Se Dio è il Dio dell’amore – e lo è –, a noi non è lecito odiare i fratelli.”

Con attenzione ha ascoltato le tante testimonianze profonde e dolenti. Ricordando loro che è il tempo di risanare “questo è il momento di risanare non solo gli edifici, ma prima ancora i legami che uniscono comunità e famiglie, giovani e anziani.” È Il tempo di sognare “Non smettete di sognare! Non arrendetevi, non perdete la speranza!”, ripetendo loro che non sono soli ma che “La Chiesa intera vi è vicina, con la preghiera e la carità concreta.” E la risposta a queste parole si vedeva nei volti felici, nella preghiera, nei balli tradizionali.

Il Papa ha affidato loro alla protezione della Madonna “Mentre arrivavo con l’elicottero, ho visto la statua della Vergine Maria su questa chiesa dell’Immacolata Concezione, e ho affidato a lei la rinascita di questa città”.

Nella messa finale ad Arbil, dove ha incontrato circa diecimila fedeli ha ringraziato la Chiesa dell’Iraq che “con la grazia di Dio, ha fatto e sta facendo molto per proclamare questa meravigliosa sapienza della croce diffondendo la misericordia e il perdono di Cristo, specialmente verso i più bisognosi. … Oggi, posso vedere e toccare con mano che la Chiesa in Iraq è viva, che Cristo vive e opera in questo suo popolo santo e fedele.”.

Tutti i cristiani iracheni, anche quelli nella diaspora, hanno seguito la visita con tanto interesse. Per un attimo tutti uniti, tutti parte della stessa famiglia. Alcune volte ci si dimentica, ci si sente estranei al corpo del paese, emarginati, abbandonati. Il Papa ha fatto sentire tutti protagonisti, tutti cittadini.  E anche il vederlo celebrare nei cari riti, in arabo e in aramaico ha contribuito all’unità.

Oltre ai grandi eventi, Papa Francesco, come sa fare lui, esprime in alcuni gesti semplici, ma pieni di significato, ad esempio ha baciato una bandiera dell’Iraq che appartiene a un martire delle manifestazioni pacifiche di Ottobre 2019 a Baghdad, che sono continuate fino alla pandemia, chiedendo migliori servizi pubblici, come l’acqua e l’elettricità, più opportunità di lavoro e la fine della corruzione. La Bandiera conteneva una goccia del sangue del martire.

Anche l’incontro con il papà del piccolo Alan Kurdi, naufragato con il fratello e la madre sulle coste turche nel settembre 2015 mentre con la famiglia tentava di raggiungere l’Europa è stato significativo. L’immagine del piccolo, trasportato a riva dalla corrente del mare aveva fatto il giro del mondo sollevando un’indignazione globale.

Dopo la visita di Papa Francesco la sfida è che non rimanga  solo una parentesi, che tutto torni come prima. Il rischio c’è.  Si tratta di non perdere la speranza che non si torni indietro ma che si vada avanti con coraggio e determinazione per il bene del paese. Ricordando il grido del Papa “Salam, salam, salam!”

Questa visita ha dato una luce diversa all’Iraq, un paese che si può rialzare nonostante il dolore: un Iraq forte. Era una scommessa e la scommessa è stata vinta, ora non bisogna fermarsi.

Il Papa ha detto: “l’Iraq rimarrà sempre con me, nel mio cuore” e gli iracheni gli possono assicurare che lui  è rimasto nel loro cuore.

PROGRAMMA DEL VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO IN IRAQ

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Vatican News


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di Samar Messayehcittadina irachena, vive in Italia

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